5 dicembre – Quarta Domenica di Avvento, l’ingresso del Messia

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Il tema, questa domenica, è la “venuta del Messia”, cioè di quel Salvatore di cui l’uomo sente da sempre il bisogno… Il profeta Isaia lo vede da lontano, nella sua visione, come “il germoglio del Signore” circondato da “onore e gloria”.

Il vangelo ce lo mostra poi concretamente nella persona di Gesù: colui che “salendo verso Gerusalemme”, ben conscio di quanto stava per vivere, “camminava davanti a tutti”, al momento accolto in trionfo all’entrata della città.

Paolo, come spesso, fa il ‘teologo’, e parla in modo non facile. Tuttavia, il senso della sua ‘catechesi’ agli Ebrei è chiaro. Dio, alla creazione del mondo (Genesi), aveva in mente un uomo positivo, cui dare tutta la fiducia, tanto da mettere nelle sue mani la natura e il mondo animale: fatto “poco meno degli angeli! Ma c’era il peccato, come ben sappiamo. Ecco, Gesù è questo Uomo Nuovo, che con il suo sacrificio è diventato nostro “fratello”, e vincendo la morte, ci ha liberato dalla “schiavitù del peccato”.

Ma non senza il nostro aiuto. L’immagine del puledro da “slegare” forse vuol dire proprio questo…C’è sempre qualcosa di cui il Signore “ha bisogno”, qualcosa (o molto) da sciogliere per dargli modo di “venire” ed “entrare” anche oggi nelle nostre città

Siamo pronti ad accogliere la sfida?


Lettura del profeta Isaia (4, 2-5)
Isaia disse: «In quel giorno, il germoglio del Signore crescerà in onore e gloria e il frutto della terra sarà a magnificenza e ornamento per i superstiti d’Israele… Quando il Signore avrà lavato le brutture delle figlie di Sion e avrà pulito Gerusalemme dal sangue che vi è stato versato, con il soffio del giudizio e con il soffio dello sterminio, allora creerà il Signore su ogni punto del monte Sion e su tutti i luoghi delle sue assemblee una nube di fumo durante il giorno e un bagliore di fuoco fiammeggiante durante la notte, perché la gloria del Signore sarà sopra ogni cosa come protezione».

Lettera agli Ebrei (2, 5-15)
Fratelli, non certo a degli angeli Dio ha sottomesso il mondo futuro, del quale parliamo. Anzi, in un passo della Scrittura qualcuno ha dichiarato: «Che cos’è l’uomo perché di lui ti ricordi o il figlio dell’uomo perché te ne curi? Di poco l’hai fatto inferiore agli angeli, di gloria e di onore l’hai coronato e hai messo ogni cosa sotto i suoi piedi»Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa. Tuttavia quel Gesùlo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti… Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: «Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all’assemblea canterò le tue lodi»; e ancora: «Io metterò la mia fiducia in lui»; e inoltre: «Eccomi, io e i figli che Dio mi ha dato». Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita.

Lettura del Vangelo secondo Luca (19, 28-38)
Il Signore Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».


Preghiere dei fedeli della Comunità di Santa Croce

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli.
Signore, annunciare il tuo nome significa comprendere che Gesù è venuto a portare salvezza e misericordia e viene oggi, ancora una volta, per chiederci di vivere il suo dono d’amore. Sappia la Chiesa ricordare a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che questo è il vero senso del Natale.
Per questo ti preghiamo… Vieni, Signore Gesù!

Essi risposero, il Signore ne ha bisogno. 
Signore, oggi queste parole sono rivolte a noi. Con la tua grazia, la nostra comunità sappia “slegarci” da schemi e abitudini ripetitivi, per portarti nelle nostre famiglie e nella società dove c’è tanto bisogno della tua luce. Per questo ti preghiamo… Vieni, Signore Gesù!

Chi è mai questo re della gloria?
Signore, abbiamo tanto bisogno di sentirti fra tra noi nelle nostre giornate! Donaci la virtù di essere aperti nelle nostre relazioni, seguendo il tuo esempio di  “Re di gloria” capace di  un umile servizio. Per questo ti preghiamo… Vieni, Signore Gesù!

Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa.
Signore, il tuo Figlio ha vinto il male abbracciando la croce. Sostieni ogni persona perché possa trovare in lui il coraggio e la forza necessarie per contrastare le divisioni interiori e i pregiudizi che ci allontanano dalla salvezza. Per questo ti preghiamo… Vieni, Signore Gesù!